lunedì 19 aprile 2010

Recensione a cura della Dott.ssa Cristina Caparesi




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Nuove religioni e sette di Raffaella Di Marzio



Il libro di Raffaella Di Marzio ha il pregio di illustrare la complessità del fenomeno settario in modo semplice ed adatto anche a chi ha conoscenze poco approfondite sull’argomento. Sono da apprezzare gli sforzi dell’autrice nel fornire al lettore le categorie concettuali fondamentali per affrontare gli aspetti problematici sull’argomento e la spiegazione scientifica che si struttura secondo l’approccio della psicologia della religione.

Importante anche la descrizione dello stato di attuazione dei progetti di ricerca che cercano di validare strumenti per misurare l’abuso psicologico rispondendo, in tal modo, alle richieste dell’APA (American Psychology Association) come il Group Influence Scale (GIS) o il Group Psychological Abuse Scalela Spagna e il Giappone. (GPA), progetti pilota che al momento coinvolgono paesi come gli Stati Uniti, l’Inghilterra.


Accettando l’invito di Raffaella, che ringrazio per la stima e l’affetto, intendo portare un contributo al suo blog di recente costituzione soffermandomi sul ruolo e la struttura dei centri di aiuto/consulenza.


Raffaella innanzitutto li differenzia dai centri critici sulle sette (antisette)i quali, pur trattandosi di centri strutturati sul volontariato al pari dei centri di sostegno, sarebbero orientati “a fare la guerra alle sette” attraverso “l’arruolamento” di fuoriusciti ostili. Il gruppo di aiuto o sostegno, invece, svolgerebbe un ruolo di rassicurazione emotiva aiutando l’ex membro a recuperare i rapporti persi e a ripensare alla propria esperienza. Allo stesso modo accoglierebbe i famigliari dell’adepto fornendo loro ascolto. 


In questo mio intervento vorrei ampliare il discorso  che Raffaella affronta nel paragrafo relativo alla proposta operativa limitandomi tuttavia solo ad alcuni spunti. Fondamentale è stata (ed è tuttora) la mia esperienza quale coordinatrice e consulente del Punto di Ascolto per Vittime di Culti Abusanti dell’associazione SOS-Abusi Psicologici, associazione che già dal 2004 ha realizzato attività di informazione ascolto e sensibilizzazione sul fenomeno settario e che dal 2009 ha dato l’avvio all’esperienza di un centro di aiuto multidisciplinare.


È bene sottolineare che, nella nostra esperienza, le richieste provengono soprattutto dal famigliare che ha un problema relativo all’adesione di un proprio caro ad un nuovo culto/setta. Questo pone immediatamente il problema, non del tutto secondario, che chi racconta potrà relazionare solamente sulla propria esperienza in quanto persona che ha subito, suo malgrado, il distacco di un proprio caro. Ciò non vuol dire che il racconto non sarà reale, però sicuramente mancherà di una parte importante che è quella di chi ha fatto/sta facendo l’esperienza settaria, a meno che non sia possibile stabilire un dialogo anche con l’adepto  nel gruppo.


Il nostro Centro di aiuto considera reale tutto ciò che viene raccontato perché sicuramente lo è per la persona che porta il suo dolore e la sua preoccupazione e pertanto viene accolto con l’obiettivo di comprendere quanto ci viene rappresentato per suggerire delle soluzioni e delle strategie di comportamento. La risposta che si fornisce dipende molto dalla richiesta, dalle modalità con cui il caso si presenta, dalla temporalità (cioè il periodo a cui i fatti si riferiscono), dal fatto che ci sia o meno un conflitto, dagli obiettivi che è possibile porsi. L’intervento di consulenza viene offerto da professionisti di diverse discipline che, occupandosi da tempo della problematica settaria, collaborano al progetto, ognuno per le proprie competenze. 


Dalla nostra esperienza fondamentale è l’ascolto dei diretti protagonisti, ma non riteniamo che un Centro di aiuto abbia l’obbligo di ascoltare i gruppi religiosi, non perché essi non vadano ascoltati, ma perché altri dovrebbero esserne gli interlocutori o i contesti in cui questo andrebbe fatto. La nostra azione, infatti, si articola generalmente all’interno dell’alveo famigliare dove si forma il conflitto e da dove, generalmente, la persona si allontana per aderire ad un gruppo.


Non mi soffermerò sulla metodologia che sarà oggetto di altra trattazione. Se l’accoglienza è l’elemento fondamentale e qualificante del centro di aiuto, credo che non ci si possa limitare al solo ascolto ma il professionista che offre un servizio deve anche poter consigliare ed orientare gli utenti. È evidente che non sempre si saprà se i suoi consigli sono stati ascoltati però è nell’interesse di chi chiede un aiuto quello poi di mettere in pratica l’orientamento che riceve. È sempre possibile continuare l’attività di aiuto e sostegno nel tempo, man mano che la situazione del richiedente o del suo caro nel gruppo subiscano delle modifiche. 


Sarà anche bene che questi centri non siano solo delle isole ma che si colleghino con i servizi territoriali di modo che l’utente possa ricevere assistenza, quando se ne ravvedano le condizioni, negli enti preposti. Da questo punto di vista ritengo che il Centro di aiuto debba farsi carico anche di stabilire dei momenti di informazione e sensibilizzazione presso i servizi territoriali della zona in cui opera.


Sulle professionalità che dovrebbero essere presenti, dalla nostra esperienza, rileviamo importanti la presenza dello psicologo, dell’avvocato, del sociologo/antropologo esperto di nuovi movimenti religiosi, però anche di altre figure che possano occuparsi di aspetti strettamente collegati quali il pedagogista, il mediatore famigliare. Come giustamente fa notare Raffaella non esiste una figura professionale specifica e personalmente ritengo impossibile che un’unica figura professionale possa occuparsi di tanti ambiti diversi contemporaneamente. 


Per affrontare la problematica occorre invece il gruppo multidisciplinare nel quale collaborano insieme dei professionisti che, oltre ad essere competenti nella propria professione, hanno  una specifica formazione sul fenomeno settario (che si acquisisce con anni di studio e partecipando a corsi/convegni/ed altre attività formative) ed anni di esperienza maturata sul campo svolgendo attività di consulenza e sostegno nei centri di aiuto e partecipando anche ad attività di ricerca. Se il centro di aiuto, oltre a fornire consulenza, dovesse offrire anche assistenza alle vittime, allora figure di tipo medico-sanitario come lo psichiatra, lo psicoterapeuta dovrebbero essere presenti. I centri di aiuto, qualunque sia la loro forma giuridica, debbono necessariamente contare sulla presenza di professionisti che rispondano ad un codice deontologico e offrano delle garanzie all’utente. 


Naturalmente importanti sono anche figure di appoggio quali l’ex-adepto soprattutto quando diviene un facilitatore (figura apprezzabile nella conduzione di gruppi di auto/mutuo aiuto) o nei casi in cui la sua esperienza possa essere utile a fornire informazioni aggiuntive su un gruppo. A tale riguardo, rilevante è l’esperienza dell’ICSA (International Cultic Studies Association) che da anni sta conducendo laboratori con ex-membri di 1° e 2° generazione.


Nel caso in cui il centro di aiuto, in collaborazione con altri enti di studio o ricerca, dovesse organizzare dei momenti di studio, conferenze o convegni sul settarismo, allora può essere il caso di allargare la discussione includendo rappresentanti di gruppi religiosi, soprattutto quando gli interventi siano focalizzati su quel gruppo in particolare.



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